THE WORKS, 1984
Radio Ga Ga è il primo brano. Comincerei a parlarne dal significato di “ga ga”, che ha ispirato il nome di uno dei fenomeni musicali (?) più importanti dell’ultimo decennio.
La biografia dei Queen racconta che a pronunciare “radio ka ka”, e a ispirare la canzone, è stato Felix, il figlio di Roger. Il significato del balbettio puerile era, letteralmente, “radio (di) cacca”. E così, IL fenomeno di questi anni, Lady Gaga, è traducibile con “signora (di) cacca”. Non è fantastico?
Poi sarebbe il caso di parlare del video, un altro tributo al cinema di una volta, in questo caso a Fritz Lang e al suo Metropolis (del quale, proprio nell’84, Giorgio Moroder curò una nuova versione con colonna sonora inedita, in cui collaborò anche il nostro Mercury con Love Kills).
Quando parlavo di suoni osceni mi riferivo, ad esempio, all’inizio di Tear It Up. Se escludiamo i suoni, la canzone è un hard rock di Brian che si leva finalmente qualche sfizio nel finale.
A Freddie piaceva l’opera, questo si sa da Bohemian Rhapsody, e per It’s a Hard Life tira fuori dal cilindro una citazione colta: i versi “I don’t want my freedom, there’s no reason for livin’ with a broken heart” sono cantati sulle note di Vesti la giubba, aria dei Pagliacci di Leoncavallo (ascoltate Caruso nei versi “ridi, pagliaccio, sul tuo amore infranto”). Ma anche in questo caso il video non è da sottovalutare: strani personaggi usciti da… un festino di qualche politico italiano oppure direttamente dalla casa di Frank ‘n’ Furter, Brian che fa il suo assolo su un teschio omaggiando Shakespeare, John e Roger che discutono di una testa di unicorno e Freddie vestito da pavone. È tutto così meravigliosamente trash!
Man On The Prowl, invece, è un rock’n’roll standard, ma con molto meno successo di Crazy Little Thing Called Love. Non che importi, è solo una constatazione. Taylor e May, poi, tentano una sperimentazione di musica elettronica con Machines (Back To Humans). A me non piace, ma questo non avrebbe di certo impedito ai Queen di provare tutte le strade possibili, inventandone talvolta di nuove.
Arriviamo ora a parlare di uno dei brani che tutti conoscono per via del video. Suvvia, ammettetelo che avete provato anche voi a passare l’aspirapolvere sulle note di I Want To Break Free, non siate timidi! La canzone, di per sé, non sarebbe stata così memorabile, ma i Queen travestiti… oh no, non si possono dimenticare. In particolare, Roger vestito da scolaretta potrebbe far diventare questa rispettabile rubrica musicale in una raccolta di racconti erotici. Ma lasciatemi dire un paio di curiosità, perché mi piace tanto sfoderare le mie conoscenze: primo, il video non fu un’idea di Freddie, nonostante fosse gay, bensì della moglie di Roger – che deve aver fatto il mio stesso (brutto) pensiero. Secondo, il tutto è una parodia di Coronation Street, soap opera inglese che va in onda dal 1960 – della quale, per dovere d’informazione, ho visto un mezzo episodio, ma che voi potete evitare senza sensi di colpa.
Un altro pezzo non proprio eccezionale è Keep Passing The Open Windows, del quale la cosa che mi piace di più sono le terzine del pianoforte, poi riprese dalla linea vocale.
Se vi state chiedendo cosa significa “continua a passare davanti alle finestre aperte”, be’, è lo stesso che dire “don’t try suicide”.
Dopo tante canzoni “niente di che”, THE WORKS si conclude con i due pezzi – a mio avviso – migliori dell’album. Il primo è Hammer To Fall, un altro hard rock di Brian, davvero potente, con testo impegnato – come White Man, ricordate? Brian ha un animo ambientalista, caro lui.
Per questa vi consiglio di mettere le cuffie e alzare al massimo, perché così vi darà una carica pazzesca.
Vi segnalo anche la versione che i Queen (alias Cip&Ciop) hanno eseguito con Paul Rodgers nel tour Return Of The Champions e che ha scatenato qualche polemica, per l’aggiunta della parte lenta assente nell’originale.
Chiude l’album Is This The World We Created. Disse Freddie: «Per quest’album ho scritto una canzone con Brian. Come minimo ci sarà un’eclissi! Mi piace il modo in cui abbiamo affrontato la canzone. Valutando tutti i pezzi dell’album, ci siamo resi conto che ci mancava una ballata di quelle davvero limpide, o melodiose; una cosa alla Love Of My Life. […] Dico la verità, se mi fossi messo a immaginare me e Brian seduti uno di fianco all’altro che scriviamo una canzone insieme, non l’avrei mai considerato possibile, per via di tutta una serie di cose… i nostri ego, lo scompiglio che avremmo procurato e scegliere chi fa cosa. Ma in questo modo, non abbiamo avuto il tempo di pensarci. Ci siamo messi e l’abbiamo fatta insieme. Se non avesse funzionato l’avremmo scartata, ma sembrava che andasse bene, era bella forte, così abbiamo detto sì, pareva proprio una coda perfetta per chiudere l’album. E poi l’abbiamo fatta al Live Aid.»