Dichiariamolo subito, senza giri di parole: Non sposate le mie figlie! (Que’est-ce on a fait au Bon Dieu ?) è un film razzista!
Un film sui pregiudizi, permeato di pregiudizi, bidimensionale, superficiale, caricaturale e tanto, tanto, tanto divertente.
No, non è Indovina chi viene a cena in salsa francese, non ha quello spessore del film di Kramer e nemmeno dimostra di volerlo avere.
Piuttosto ricorda un motivo del musical Avenue Q, “Tutti siamo un po’ razzisti”, e su questo tema si sviluppa una storia che potrebbe iniziare anche con “c’erano un francese, un musulmano, un ebreo, un cinese e un nero”.
Non sposate le mie figlie! è una lunga e irresistibile barzelletta, dove – attraverso una serie di personaggi che potrebbero ricordare le figure della commedia dell’arte, maschere al servizio di un canovaccio tanto prevedibile nel suo svolgimento, quanto spassoso – vengono snocciolati uno per uno tutti i luoghi comuni del razzismo, da tutti i punti di vista, incrociandoli.
Non sposate le mie figlie! e la comicità del razzismo
Ebbene sì, nel film di Philippe de Chauveron sono tutti razzisti: cinesi contro ebrei e arabi, arabi contro cinesi ed ebrei, ebrei contro arabi e cinesi, neri e bianchi contro tutti. Persino il prete non riesce a rimanere indifferente a questa celebrazione del luogo comune.
Non c’è una vera evoluzione dei personaggi, quanto più una rassegnata comprensione e accettazione dei propri limiti.
E nell’accettazione del pregiudizio, alla fine arriva il suo superamento, riconoscendo nell’altro il proprio simile in quanto debole allo stesso modo; della serie “arrendetevi al razzismo per capirne la sua comica inutilità”.
Ritmi, personaggi e dialoghi sono perfetti e producono una deliziosa commedia che potrebbe far storcere la bocca ai critici, ai puristi del cinema e a qualche rigido benpensante moralista, sostenitore del politicamente corretto. Un po’ come colui che sta scrivendo, e che ancora si sta asciugando le lacrime dalle risate. Perché sì, al netto di tutto, Non sposate le mie figlie! è una commedia e fa tanto, tanto ridere. E in questo momento, dove il razzismo ci racconta fatti di cronaca tutt’altro che divertenti, è già qualcosa.