Che i film d’animazione siano sempre meno film destinati ad un pubblico infantile è noto da tempo; che la Pixar da tempo si sia posta all’avanguardia, nell’uso della CGI e nello studio di soggetti originali e innovativi, non è una novità.
Inside Out va oltre tutto quello che ci si poteva aspettare. Rivoluzione? Capolavoro? Caposaldo in questo genere cinematografico? Ho difficoltà a descrivere la pellicola per il semplice motivo che i superlativi possono sembrare esagerati e, paradossalmente, sminuire il film.
Inside Out mette d’accordo tutti: pubblico e critica. È cinema allo stato puro, è un trattato di psicologia dell’età evolutiva, è una perfetta macchina non solo per far conoscere le emozioni e come funzionano, ma per farle provare una per una, personalmente: si ride tanto, ma ci si commuove altrettanto, in stretta empatia con la protagonista.
È la nostra vita, sono i nostri figli ed eravamo noi. È in primis il racconto di quel momento cardine della vita di ognuno di noi in cui ci ritroviamo a crescere, a prendere coscienza delle nostre emozioni in toto e impariamo a far fronte anche alla tristezza.
Il messaggio di Inside Out
E così Inside Out mette in scena, coraggiosamente, il meraviglioso mondo del nostro cervello; prende forma tra emozioni, ricordi, pensieri, sogni, pensiero astratto, oblio, subconscio. Assistiamo all’abbandono dei feticci della nostra infanzia, l’elaborazione della nostra personalità in base al nostro vissuto.
La vita della piccola protagonista e dei suoi genitori è tutto fuorché particolare, è la più semplice tra le situazioni che possono scardinare la serena quotidianità di un bambino: il trasferimento in un’altra città.
La vera avventura è quella del nostro cervello che affronta l’ostacolo nel contrasto di emozioni e nella elaborazione del distacco: la paura del nuovo, la rabbia per quello che si è lasciato, il disgusto per le novità sgradite, la gioia ostentata e la tristezza, finora tenuta in un angolo, che viene rifiutata e messa da parte. Ogni istante genera un ricordo, ogni ricordo ha una prevalenza emozionale e un colore. Ma manca quell’equilibrio emotivo tipico (più o meno) dell’età adulta e che faticosamente si va a raggiungere con la scoperta dell’importanza della elaborazione del dolore e della sua esternazione.
Inside Out è un po’ come quei romanzi della nostra infanzia che non si fermano in una fase della vita, ma ti accompagnano anche dopo, crescendo con te e lasciando messaggi diversi ai bambini (non troppo piccoli, però, diciamo dai 6-7 anni in su) e ai grandi.
Un’ultima nota, più tecnica: molto apprezzabile che, per una volta, i personaggi non siano stati doppiati da personaggi famosi improvvisati doppiatori, ma da doppiatori professionisti con una lunga carriera sulle spalle. Si nota decisamente la differenza.