In questi ultimi giorni si sta assistendo ad una accelerata per iniziare a ristrutturare il settore del credito cooperativo. L’obiettivo è iniziare a scrivere nelle prossime settimane nuovi principi e regole fondamentali in modo da non far scadere il termine del 15 giugno e del way-out: la possibilità concessa alle Bcc, o a gruppi di Bcc, con patrimonio netto superiore ai 200 milioni di euro di consegnare alla Banca d’Italia un’istanza per conferire i loro asset in una Spa controllata da loro stesse. Dunque sono quasi quotidiani i contatti all’interno di questo vero e proprio comitato di fusione all’interno del quale sono rappresentati i crediti cooperativi e le federazioni locali più importanti sia per dimensioni e per patrimonio ma anche dal punto di vista di coesione sul livello territoriale.
L’importanza di queste realtà locali è ben raffigurato nella composizione del capitale di Iccrea Holding, una banca di secondo livello che vende servizi al mondo delle Bcc. All’interno di questa holding ha un peso importante la Bcc di Roma (con il suo patrimonio di 700 milioni di euro), alcune Bcc lombarde (che rappresentano 5 delle 12 sopra la soglia minima di capitale) e quella di Alba (seconda per patrimonio ma prima per numero di soci, 47 mila). Altre realtà degne di nota sono le oltre 40 banche trentine e le banche emiliane (tra le quali citiamo Emilbanca, il Credito Cooperativo ravennate e imolese) tutte che superano i 200 milioni di euro, la già menzionata soglia minima indicata da Banca d’Italia.
La soluzione più probabile è quella che porterà la nuova istituzione a partire con una licenza bancaria, evitando la problematica legata al conferimento di asset o di cassa da parte delle banche costituenti. Finora si sa poco altro. Ad esempio ancora non si sa quale tipo di governance verrà adottata (duale o monistica), quali saranno le banche rappresentate nel board, chi saranno i manager e chi li nominerà.
Inoltre assume molta importanza anche la modalità con cui il nuovo gruppo erogherà il credito. Infatti attualmente ogni banca concede credito su base territoriale con alcuni limiti posti sulle singole operazioni. Ultimamente si sta facendo strada la possibilità che venga allargato il loro raggio d’azione a livello nazionale ed internazionale rischiando, tuttavia, di far snaturare il credito cooperativo.
Una cosa è certa, questa è una riforma necessaria alla luce della condizione generale del sistema bancario italiano. Molte istituzioni hanno visto il loro valore in borsa crollare, come facilmente riscontrabile su diverse piattaforme come IG, non solo per colpa della speculazione ma anche per i problemi cronici del settore bancario. I prossimi giorni saranno decisivi in quanto molte delle Bcc sopracitate terranno le assemblee con i loro soci dalle quali ne uscirà la linea guida che poi verrà adottata al tavolo delle negoziazioni della riforma. In generale i manager dei crediti cooperativi lasceranno aperte entrambe le opzioni: la way-out o l’adesione al gruppo.