La ristorazione in franchising sta vivendo un vero e proprio boom, certificato da cifre importanti. Se infatti nel 2015 la cifra complessiva del giro d’affari nel settore era vicino ai 25 miliardi, pari all’1% del prodotto interno lordo italiano, con una crescita costante in quasi tutti i settori, quello dell’alimentare insieme all’abbigliamento è il più richiesto da chi vuole aprire un nuovo punto vendita.
E non si tratta soltanto di ristorazione tradizionale che pure continua ad interessare i franchisor. Il vero boom arriva grazie all’apertura di punti vendita destinati al cosiddetto ‘cibo da strada’, lo street food che così tanto successo ha in altre parti del mondo. Così, accanto ai ristoranti e alle pizzerie, si moltiplicano i punti vendita di patatine fritte e pollo fritto, piadinerie, hamburgerie, ma anche ristoranti esclusivamente vegetariani e vegani, sia in locali con collocazione fissa che itineranti, come possono essere i furgoni attrezzati e gli ape car.
In fondo quella dello street food è una tradizione che affonda le sue radici profondamente nella storia italiana. Basti pensare alle graniterie siciliane, alle pizze fritte napoletane, ai panini con il lampredotto fiorentini, tutti prodotti tipici e della tradizione. Nel caso dei punti vendita in franchising il concetto si sublima e allarga gli orizzonti, perché ci sono nuovi format che stanno prendendo piede nei gusti degli italiani: ci sono le cucine etniche, come quella messicana e giapponese, o ancora le chupiterie brasiliane e le bakery tipiche statunitensi. Ma ci sono anche i gelati e le torte, i bar che offrono colazioni, pranzi e apericene rigorosamente vegetariani con prodotti del territorio, a chilometro zero e assolutamente biologici per soddisfare una fetta di mercato che si sta allargando sempre di più nel tempo.
Un’offerta che attira il pubblico ma soprattutto i franchisor, decisi a dare una svolta alla loro vita appoggiandosi a marchi già molto conosciuti oppure relativamente nuovi (almeno in Italia) ma con grandi progetti di espansione. Non è un caso che la maggioranza di chi gestisce un punto vendita in franchising abbia un’età compresa fra i 36 e i 45 anni e abbia fatto un investimento iniziale per agganciare il marchio tra i 20 e i 50 mila euro.
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