Negli ultimi anni si sta diffondendo nei mass media e social network una nuova forma di giornalismo chiamata Brand Journalism, che in italiano si potrebbe tradurre con l’espressione “giornalismo di impresa“. Scritto anche nella forma compatta di Brandjournalism, dietro a questo termine si nasconde l’attività di descrizione di un’azienda e del suo marchio: storia, struttura, evoluzione futura, progetti, sono tutti temi che ruotano attorno a qualsiasi impresa economica ed il cui racconto diventa materia giornalistica per il Brand Journalist.
La società animaincorporation, ad esempio, ha compreso fin da subito le potenzialità del Brand Journalism, muovendosi verso questa nuova rivoluzione dell’informazione secondo i più moderni principi di marketing and brand, costruendoci attorno il suo team principale. Questo gruppo è stato tra i primi in Italia ad offrire servizi di Brand Journalism professionali e rappresenta pertanto un’opportunità imprescindibile per tutte le altre aziende che non vogliono restare estranee alle potenzialità offerte dalla moderna e capillare tecnologia di Internet.
Il connubio tra marchio e giornalismo ha sollevato in passato diversi dubbi in merito alla correttezza deontologica del giornalista che si cimenta in questa moderna forma di comunicazione. Apparentemente sembra infatti che l’attività di raccontare e dare notizie attorno ad un marchio commerciale e alla sua azienda possa configurarsi in realtà come una forma di pubblicità ben lontana dall’oggettività che caratterizza l’essenza giornalistica. Tuttavia, la diatriba, probabilmente non ancora completamente estinta, non trova impreparato il professionista, il quale può facilmente controbattere dimostrando che nella realtà odierna è l’intera attività giornalistica ad essersi evoluta profondamente. Il Brand Journalism diventa così una pratica molto comune quanto efficace, che si affianca a numerosissime imprese, in particolare sfruttando i canali di comunicazione della rete.
Il Brandjournalism è dunque la nuova forma di fare marketing and brand, spesse volte calata nella fitta trama dei social network, ed il Brandjournalist diventa il corrispondente professionista che lavora come Consulente dell’identità culturale Aziendale. Grazie a questa modalità di comunicazione, ogni azienda riesce a raggiungere l’obiettivo di farsi conoscere e di allargare gli orizzonti del proprio marchio, facendo parlare di sé in modo obiettivo, attraverso soprattutto notizie che hanno il potere di far riflettere e magari stimolare anche all’approfondimento.
Idealmente, fare Brand Journalism non richiede necessariamente di inserire nella comunicazione espliciti riferimenti ad un marchio, poiché è in genere sufficiente parlare di quello che gira attorno ad esso per realizzare compiutamente l’obiettivo preposto.
Il Brand Journalist non è però obbligatoriamente anche giornalista nel vero senso del termine. Esso può essere blogger, gestore di forum, aggregatore mediatico, responsabile magazine aziendale ecc.; persone, cioè, in grado di produrre in rete messaggi finalizzati a far conoscere il marchio e, per ultimo, indirizzare anche indirettamente gli utenti all’acquisto dei corrispondenti prodotti e servizi associati al marchio stesso. Nella sua forma più matura, il Brandjournalism diventa attività di racconto: storie reali o comunque realistiche, costruite attorno al marchio e strutturate in funzione del preciso target che si intende raggiungere.
Molte importanti aziende americane come General Electric o Red Bull hanno realizzato il loro successo anche attraverso il Brandjournalism, che ha potuto allargare in maniera esponenziale il loro marchio e consolidare la loro identità all’interno di social network popolati da una crescente utenza registrata. Gli strumenti del web sostituiscono velocemente i media tradizionali, anche in virtù di una ormai accertata forma di “stanchezza” da parte dell’intera società verso i sistemi di comunicazione passivi monodirezionali.
Grazie alle infinite forme di interazione offerte da Internet, ogni azienda ha la possibilità di dialogare direttamente con i propri clienti, instaurando un rapporto di fiducia altrimenti arduo anche solo da immaginare con i soli strumenti quali TV e radio. Il pesante bombardamento di spot pubblicitari che ha investito le masse negli anni passati, e continua tuttora con consistenti investimenti di dubbia efficacia, ha creato una sorta di atteggiamento di diffidenza nei confronti del classico slogan promozionale. Quest’ultimo spesso basato su tecniche obsolete facilmente riconoscibili e, per questo, non più in grado di catturare l’attenzione del pubblico per un tempo sufficiente affinché possa innescarsi una nuova idea ovvero fissarsi il ricordo del messaggio nella mente dell’ascoltatore. L’azienda che intende promuovere il proprio prodotto deve fare in modo che questo sia veicolato implicitamente e sapientemente da informazioni obiettive e declinate in diversi contesti anche apparentemente distanti dal core business dell’azienda.
La rete possiede inoltre un enorme vantaggio aggiuntivo, ossia la possibilità di misurare i risultati dell’attività di Brand Journalism, poiché ogni contatto è tracciato così come anche l’intensità delle interazioni tra utenza e Brandjournalist ovvero l’azienda stessa. Nulla è più lasciato al caso e l’impresa che affida il proprio marchio all’esperto di Brand Journalism non deve più accontentarsi di stime e previsioni aleatorie dei risultati, ottenute sulla base di indagini a campione più o meno approssimative e, comunque, sovente molto costose. Il network misura invece con precisione alla singola unità ogni movimento, ogni ingresso e uscita, ogni parola trasmessa e feedback, il tutto in maniera completamente automatica.