È di fondamentale importanza, nel momento in cui si decide di comprare un immobile, domandarsi quale sia la provenienza dello stesso. Non tutti, infatti, sanno che esistono casi specifici in cui il processo di vendita potrebbe risultare altamente complicato e potenzialmente rischioso. L’acquisto immobile di provenienza donativa, ad esempio, potrebbe rivelarsi tutt’altro che una passeggiata.
Il rischio, in una compravendita di immobile donato, è rappresentato dai cosiddetti legittimari: quei soggetti a cui la legge riconosce una condizione di privilegio alla successione dei congiunti più stretti, come ad esempio coniuge e figli.
Articolo 536 del Codice Civile
Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge [548 c.c.], i figli [legittimi, i figli naturali], gli ascendenti [legittimi].
Ai figli [legittimi] sono equiparati [i legittimati e] gli adottivi [291 ss, 304 c.c.].
A favore dei discendenti [dei figli legittimi o naturali], i quali vengono alla successione in luogo di questi [467 c.c.], la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli [legittimi o naturali].
Se la donazione, infatti, lede in qualche modo i diritti degli eredi legittimi, questi ultimi potranno agire legalmente nei confronti del donatario. E proprio a causa dei possibili risvolti giudiziari causati da una simile circostanza, anche l’accensione di un mutuo per acquistare un immobile di provenienza donativa risulta oggi particolarmente difficile, se non impossibile.
Per evitare dunque spiacevoli conseguenze, è necessario tutelarsi con alcune verifiche prima di effettuare l’acquisto di un immobile donato. A seconda delle circostanze, infatti, esistono dei possibili rimedi legati al fatto che il donante sia ancora in vita o deceduto (da meno o più di dieci anni) oppure che siano decorsi vent’anni dalla donazione.
Solo in quest’ultimo caso, a prescindere dal fatto che il donante sia vivente o deceduto, comprare un immobile di provenienza donativa non comporta più alcun rischio per l’acquirente, se nessun legittimario si è mai opposto fino a quel momento. La legge fissa infatti a vent’anni il termine per la prescrizione e per l’opposizione alla donazione.
Articolo 653 del Codice Civile
Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione [559c.c.] hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell’ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi [559 c.c.], la restituzione degli immobili [2652 n.8, 2690 n. 5 c.c.].
L’azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l’ordine di data delle alienazioni, cominciando dall’ultima. Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di cui al primo comma, la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede [1153 c.c.].
Il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in danaro.
Salvo il disposto del numero 8) dell’articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all’articolo 561, primo comma, è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell’opponente è personale e rinunziabile. L’opposizione perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.
Prima di acquistare un immobile, dunque, è di fondamentale importanza effettuare tutti gli accertamenti del caso e assicurarsi che non vi siano rischi legati alla provenienza donativa, per far sì che la compravendita proceda in modo lineare e senza intoppi.