Chi non ha mai visto bruciare l’Amazzonia non può davvero sapere cosa si sente e si prova; neanche io ero in grado di immaginarlo finché non l’ho vissuto in prima persona. Le fiamme si alzano per decine di metri e bruciano alberi maestosi che ardono per giorni, proprio perché sono esemplari giganteschi e resistenti, il crepitio si sente a chilometri di distanza come fosse un grido, il fumo nero oscura il cielo e impedisce per chilometri la visibilità, acre da far piangere e irritare occhi e gola, gli animali impauriti fuggono ovunque, impazziti. Di fronte a tutto questo non è possibile rimanere indifferenti e il cuore si accartoccia esattamente come le foglie avvolte dal fuoco.
Posso raccontarlo perché da anni vivo tra l’Italia e l’Amazzonia Boliviana, per lavoro principalmente, ma anche per passione. Arrivai in Pando per la prima volta nel 1998 e vi rimasi tre anni consecutivi come volontaria e cooperante per progetti di sviluppo sostenibile.
Quegli anni furono i più terribili per la foresta: gli allevatori ne bruciarono migliaia di ettari per far posto a pascoli estensivi per il bestiame sentendosi i padroni di quell’enorme territorio su cui esercitarono la loro autorità con prepotenza e infinita arroganza. In seguito furono processati e condannati, ma il risarcimento imposto loro fu irrisorio rispetto al danno provocato: scuole chiuse per giorni, aeroporti chiusi, centinaia di bambini di diversi villaggi ammalati a causa del fumo continuo che irritava i polmoni e non lasciava tregua a un’intera popolazione, inerme davanti al disastro.
Tuttavia furono anche gli anni in cui, insieme ai contadini e ai raccoglitori di noce dell’Amazzonia, organizzammo le prime cooperative autogestite e il primo container destinato al commercio equo e solidale italiano che partì nel 2001; da allora non hanno fatto altro che andare avanti, lavorare e migliorare.
Parallelamente in Italia, nel 2004, è nata la Cooperativa per cui oggi ancora lavoro, la Chico Mendes di Modena, che attualmente collabora con 13 cooperative situate tra Bolivia, Cile e Brasile, importando in Italia frutta secca certificata biologica e Fairtrade: la raccolta di frutti spontanei della foresta è vista come una valida alternativa alla deforestazione controllata e non, causa di immensi danni ambientali e responsabile della perdita di casa e lavoro per centinaia di famiglie.
Oggi la storia purtroppo si ripete: il pantanal Boliviano brucia per incuria e complicità di un governo che di “sinistra” ha solo la definizione, guidato da un presidente che autorizza disboscamenti e incendi per ricambiare favori politici e ingraziarsi una classe dirigente senza scrupoli che in fondo lo disprezza. Nello stesso modo brucia l’Amazzonia brasiliana, sotto lo sguardo indifferente del presidente Bolsonaro, rappresentante di una destra ottusa e pericolosa, specchio di quella che avanza da tempo anche in gran parte dell’Europa.
In ogni caso e sempre è la natura a pagare per tutti e per tutto, perché non ha “amici” né protettori, perché coloro che vi abitano, spesso isolati e privi di mezzi, non hanno voce e quando hanno la possibilità di votare finiscono per dare appoggio a rappresentanti pronti a ingannarli e approfittarsi della loro ingenuità; paga per questi governi incapaci di trovare alternative di sviluppo sostenibile per i loro popoli e infine paga per l’indifferenza di ognuno di noi, gente comune, ancora troppo spesso comodamente adagiata nella convinzione che i disastri ambientali di cui siamo testimoni avvengano troppo lontano per procurarci danni concreti e quindi occuparcene in prima persona.
Qualcuno ritiene che la politica non abbia responsabilità in tutto questo, ma non è possibile considerarla estranea a questi orrori; ha ormai perso il nobile valore che fin dall’antichità le veniva attribuito e da “res alta” è diventata sinonimo di disonestà, luogo dove arricchirsi facilmente, elargire favori e sfruttare privilegi a danno di tutti i cittadini, che per la maggior parte, invece di indignarsi e manifestare dissenso verso tale degrado della classe politica, vota rappresentanti sempre più ignoranti e arroganti.
Mi chiedo a questo punto se arriverà mai un giorno in cui riusciremo a formare ed eleggere una classe dirigente illuminata e coraggiosa: se e quando succederà, ci saranno ancora foreste, animali e ambienti naturali da visitare e godere? Se non invertiamo la rotta che abbiamo intrapreso temo che i nostri figli e i nostri nipoti lo faranno esclusivamente attraverso parchi tematici o addirittura solo su internet, unica testimonianza che purtroppo resterebbe di un mondo meraviglioso distrutto brutalmente e consapevolmente dalle nostre mani.
Valeria Bigliazzi, responsabile progetti Coop. Chico Mendes Modena