Il mondo piange il più grande giocatore del mondo del calcio: Diego Armando Maradona questa volta non si è rialzato. Dieci giorni fa era stato dimesso dall’ospedale presso la clinica Olivos di Buenos Aires, dopo un delicato intervento al cervello per la rimozione di un ematoma subdurale. Secondo il quotidiano argentino Olè, l’ex calciatore, allenatore del Gimnasia La Plata, aveva invece evidenziato segni di depressione, diagnosi mai confermata.
Sempre i notiziari argentini hanno divulgato la notizia, lo riferiscono i siti Clarin e Olé, che l’ex campione argentino abbia avuto una crisi cardiorespitatoria nella sua abitazione a Tigre, nei pressi di Buenos Aires, e sia deceduto poco più tardi, nonostante i soccorsi intervenuti tempestivamente. “Ha avuto una crisi respiratoria”, ha riferito in lacrime il fratello Hugo, scrive il Corriere dello Sport.
El Pibe de Oro, come lo chiamavano con affetto nella sua Argentina, ha lasciato un segno indelebile, un impronta riconoscibile, non solo nel mondo del calcio. Il fenomeno il 30 ottobre aveva compiuto sessant’anni. Lui che aveva iniziato la sua lunga storia d’amore con il calcio a soli 11 anni, ha passato una vita sul campo, con la maglia del Napoli e della sua Nazionale; nonostante una vita fatta di eccessi e difficili relazioni, si era ridimensionato e seduto sereno sulla panchina del Gimnasia La Plata.
La morte di Diego Armando Maradona è “uno schiaffo in pieno volto per il mondo dello sport e per un paese intero che grazie all’ex Pibe de Oro si è sentito grande”, scrive Il Corriere della Sera; gli argentini con lui si facevano grandi, perché Maradona ha rappresentato non solo l’Argentina ma il calcio intero.