L’articolo 658 del Codice di procedura civile regola lo sfratto per morosità, ovvero quel procedimento che permette al proprietario di un immobile di recuperare i canoni di affitto non pagati dagli inquilini e ottenere la riconsegna della casa. Prima di avviare questa procedura, però, il proprietario dell’abitazione deve sollecitare gli inquilini morosi al pagamento tramite una lettera di diffida e, qualora non ottenesse il risultato sperato, può quindi rivolgersi al giudice. La procedura di sfratto per morosità può avvenire soltanto in presenza di alcune condizioni.
Come funziona lo sfratto per morosità, quali sono i tempi necessari e quanto costa: ecco tutto quello che c’è da sapere.
Sfratto per morosità: quando può avvenire
Un inquilino si può definire “moroso” in presenza di due condizioni sussistenti:
- un regolare contratto di affitto pattuito tra le parti in cui viene fissato un canone di locazione mensile (non può avvenire alcuno sfratto in caso di affitto in nero o basato su accordo orale);
- si verifica l’omissione del pagamento anche di una sola mensilità dopo 20 giorni dal termine pattuito tra le parti e degli oneri accessori (ovvero le spese condominiali) se superano almeno le due mensilità.
Il procedimento di sfratto per morosità può avvenire solo in compresenza di entrambe le condizioni sopra descritte, in presenza delle quali l’affittuario può agire in giudizio.
Prima di ricorrere agli istituti giudiziari, comunque, il proprietario dell’immobile è tenuto a inviare una lettera di diffida all’inquilino per sollecitarlo a saldare i pagamenti mancati e metterlo in guardia sul possibile ricorso a vie legali. Se il pagamento del canone non viene saldato nemmeno entro i termini previsti dalla lettera di diffida, il proprietario dell’immobile è costretto ad adire alla giustizia.
Sfratto per morosità: come funziona il processo
Una volta richiesta la via giudiziaria, il giudice stesso emetterà un’ingiunzione di pagamento nei confronti degli inquilini morosi e li inviterà in udienza a convalidare lo sfratto.
Nel corso dell’udienza di convalida dello sfratto potrebbero verificarsi le seguenti situazioni:
- gli inquilini morosi si presentano in udienza e convalidano lo sfratto chiedendo al giudice un “termine di grazia” (al massimo di 90 giorni) entro il quale recuperare le somme dovute e da versare al creditore (in questo caso l’affittuario);
- gli inquilini morosi non si presentano all’udienza, ma il giudice potrà in tal caso emettere comunque l’ordinanza di convalida e fissare la data dello sfratto;
- gli inquilini si oppongono allo sfratto lasciando al giudice la decisione su chi ha ragione e chi è nel torto.
Trattandosi di un titolo esecutivo, qualora gli inquilini non abbandonassero l’immobile entro i termini stabiliti dal giudice, lo sfratto può avvenire in modo forzoso tramite gli uffici giudiziari.
Sfratto per morosità: i tempi
I tempi per la richiesta e la convalida di uno sfratto per morosità si aggirano intorno ai 90 giorni (circa 3 mesi):
- è necessario circa un mese per richiedere la prima udienza al giudice per emettere l’intimazione di convalida dello sfratto;
- ulteriori 2 o 3 mesi sono necessari per effettuare materialmente lo sfratto per morosità.
Quanto costa uno sfratto giudiziario?
Stabilire un prezzo per il procedimento di sfratto per morosità è difficile, in quanto il costo varia al variare della durata del processo e alla tipologia e complessità del caso. Generalmente una causa per sfratto si può risolvere rivolgendosi a un avvocato e pagando un prezzo compreso tra i 600 e i 700 euro.
Il proprietario dell’immobile che agisce contro gli inquilini, inoltre, deve versare una somma aggiuntiva (il cosiddetto contributo unificato) che va da un minimo di 18,50 euro fino al massimo di 225 euro. A queste spese si aggiungono poi l’imposta di registro e l’imposta di bollo.
Nel caso in cui lo sfratto venga poi confermato dal giudice, comunque, il proprietario può recuperare le spese legali nei confronti degli inquilini morosi, in aggiunta ai canoni non pagati.