Il Governo Draghi, oltre ad affrontare i problemi dovuti alla pandemia di coronavirus, dovrà far fronte alla fine di Quota 100. Lo stop a questa misura si deve anche alle richieste di Bruxelles. Infatti l’Unione Europea preme per far garantire all’Italia la solidità e la sostenibilità del sistema previdenziale nel medio periodo.
Novità pensioni 2021: necessaria riforma pensionistica
Nonostante INPS abbia ottenuto, nel 2020, 1.8 milioni in più, l’eredità di Quota 100 continuerà a gravare sui conti pubblici fino al 2035. Il peso aggiuntivo medio sulle uscite pensionistiche sarà di 0,2 punti percentuali di PIL, pari a oltre 3.2 miliardi l’anno, come riporta il Sole 24 Ore. Inoltre sale l’età media. Perciò è necessario attuare una riforma previdenziale che possa sostituire Quota 100 e venir incontro alle esigenze dei lavoratori.
La prima proposta è stata avanzata dallo stesso Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico. L’idea sarebbe quella di dividere in due parti la quota pensione: retributiva e contributiva. In questo modo si permetterebbe a 62-63 anni di uscire dal lavoro con la parte contributiva, mentre quella retributiva si otterrebbe al raggiungimento dei 67 anni. Tridico ha anche rimarcato l’attenzione sui soggetti fragili, proponendo di prevedere una misura per gli immunodepressi oncologici, uno scivolo aggiuntivo rispetto all’Ape sociale.
Draghi pensioni: ritorno Legge Fornero, con Ape sociale e Opzione donna
Un’altra ipotesi che potrebbe prendere in considerazione il Governo Draghi è quella di un ritorno alla Legge Fornero con i tre percorsi per uscire anticipatamente. Resterebbe il canale tradizionale che attualmente consente il pensionamento, a prescindere dall’età anagrafica, con 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. In aggiunta sarà garantita l’uscita anticipata a tutti lavoratori impegnati in attività considerate gravose e usuranti, in maniera più flessibile e allargando la platea di accesso. L’uscita anticipata sarà resa possibile anche grazie l’Ape sociale, l’anticipo pensionistico al quale possono accedere, con almeno 63 anni d’età, alcune categorie di lavoratori in difficoltà. È stata rinnovata anche nell’ultima legge di bilancio l’Opzione donna. Le lavoratrici hanno ancora per tre anni la possibilità di andare in pensione con 58 anni d’età (59 se lavoratrici autonome) e 35 di contributi, ottenendo interamente il calcolo contributivo dell’assegno. Infine, potrebbe essere previsto un percorso di pensionamento agevolato e anche flessibile per i lavoratori “fragili”, cioè i lavoratori afflitti da particolari patologie.
Draghi pensioni: staffetta generazionale, Quota 41, Quota 92 e Quota 102
Un panorama diverso è quello che invece prende in esame l’idea della cosiddetta “staffetta generazionale”, utile anche per offrire maggiori possibilità di uscita nella gestione delle crisi aziendali. Il Governo sta, infatti, valutando l’ipotesi di rafforzare i contratti d’espansione, per consentire di mandare in pensione fino a 5 anni prima della soglia di vecchiaia (67 anni) i lavoratori anziani con contemporanea assunzione di giovani. Questo strumento potrebbe diventare utilizzabile anche dalle imprese di piccole dimensioni. Infine ci sono proposte per prevedere nuove quote. Per esempio i sindacati spingono per Quota 41, garantendo, così, la possibilità di uscita ai lavoratori al raggiungimento del quarantunesimo anno di contribuzione, a prescindere dall’età anagrafica. Invece l’ex capogruppo Dem alla Camera, Graziano Delrio, aveva lanciato la proposta di uscite con Quota 92, cioè 62 anni di età e almeno 30 di contributi, per i soli lavoratori impegnati in mansioni usuranti. Infine non si esclude la Quota 102, cioè l’uscita anticipata con almeno 63-64 anni d’età e 39-38 anni di versamenti. Questa misura, se attuata, prevedrà, però, un sistema di penalità “a crescere”, basato sul ricalcolo contributivo per ogni anno d’anticipo rispetto alla soglia di vecchiaia (67 anni).