Il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità gli emendamenti al disegno di legge recante “delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello”. La riforma della Giustizia proposta dalla Ministra competente Marta Cartabia è ora al vaglio delle Camere.
Tante le novità, soprattutto in merito alla prescrizione, che diventa più lunga per i reati più gravi. Ma andiamo con ordine e scopriamo cos’è la prescrizione, come funziona e quali sono i termini di legge.
Prescrizione: cos’è e come funziona
La prescrizione, come da definizione dell’Enciclopedia Treccani, è “l’estinzione di un diritto quando il titolare non lo eserciti per il tempo determinato dalla legge, detto termine di prescrizione“. Nell’ordinamento italiano la prescrizione è regolata dagli articoli dal 2934 al 2963 del codice civile.
La recente riforma della Giustizia della Ministra Marta Cartabia è andata a modificare la prescrizione e a introdurre alcune novità.
In particolare, qualsiasi modifica apportata va a incidere sull’articolo 157 del codice penale, che sancisce:
“La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria”.
Tuttavia, esistono dei termini per la prescrizione fissati per legge: andiamo a vedere quali sono e quando si applicano.
I termini per la prescrizione
I termini di prescrizione non sono fissati in modo rigido, ma variano al variare dei casi. Infatti, essi sono pari alla durata della pena edittale massima prevista dalla legge per ogni singolo reato.
In linea generale, sulla base dell’articolo dedicato del codice penale, possiamo affermare che i termini di prescrizione non sono mai inferiori:
- a 6 anni per i delitti;
- a 4 anni per le contravvenzioni.
Se, invece, per il reato in questione la legge stabilisce pene diverse dalla detenzione o dalla sanzioni, si applica il termine di 3 anni.
Per quanto riguarda, infine, i reati di particolare gravità (come, ad esempio, l’omicidio stradale o il sequestro di persona) la prescrizione che si applica è doppia rispetto ai normali termini previsti dalla legge.
Prescrizione e riforma della Giustizia: le novità
Come abbiamo ricordato all’inizio, la recente riforma della Giustizia introduce alcune novità in merito al processo penale, ma anche relativamente alla prescrizione.
Innanzitutto è stata confermata la disposizione che prevede lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado (sia in caso di condanna sia in caso di assoluzione). Inoltre, sono stati fissati dei termini massimi per la prescrizione:
- due anni per i processi d’appello;
- un anno per quelli di Cassazione.
È prevista, infine, la possibilità di una ulteriore proroga per i reati gravi come segue:
- di un anno in appello;
- di sei mesi in Cassazione.
Da tale normativa sono chiaramente esclusi i reati imprescrittibili.
Prescrizione dei reati: da quando decorre?
Per capire da quando decorrono i suddetti termini di prescrizione occorre riportare la triplice distinzione che sancisce l’articolo 158 del codice penale.
Si possono distinguere, infatti, tre tipologie di reato:
- reato consumato, il cui termine di prescrizione decorre dalla data di consumazione del reato;
- reato tentato, il cui termine di prescrizione decorre dal momento in cui è cessata l’attività del colpevole;
- reato permanente, il cui termine di prescrizione decorre dalla cessazione della permanenza.
Rinuncia alla prescrizione
L’articolo 157 del codice penale introduce la possibilità di rinuncia alla prescrizione da parte dell’imputato, specificando che può essere legittimamente esercitata solo quando la prescrizione sia maturata.
Il codice italiano prevede anche una serie di casi in cui la prescrizione può essere sospesa o interrotta. Nel primo caso occorre introdurre una legge che sospenda il processo, le indagini preliminari o i termini di custodia cautelare. L’interruzione, invece, deriva da una serie di situazioni che potrebbero verificarsi nel corso del processo.